13 bufale da sventare sul cibo sano o presunto tale

Ho deciso di togliere il velo del riserbo e scrivere un articolo chiave, un po’ politically uncorrect, che sventi qualche bufala in ambito di mangiar sano e di salute alimentare.

Il tutto parlando tra pari e senza troppe pretese, sintetizzando al massimo quello che ho capito in questi ultimi anni di sperimentazioni, tentativi, peripezie, corsi e ricorsi – e anche un po’ di trafile cliniche (dettagli in privato).

L’insidia del presunto cibo sano

Cosa significa sventare le bufale sul cibo sano? Significa smontare qualche pregiudizio e tenere alta la guardia di ciò che ci tocca in termini di ricerca e sperimentazione personale – che è un percorso non demandabile a nessun guru o trend di turno.

In poche parole, i nemici da combattere secondo me sono:

  • il sentito dire e la viralità acritica
  • il marketing delle confezioni
  • il concetto stesso di guru (i veri maestri ti indirizzano non tanto alle risposte, ma a formulare le domande giuste per te)
  • la via salutista intesa come percorso punitivo e ascetico, senza godimento
  • la sconnessione con il proprio corpo
  • il concetto di salute / malattia a compartimenti stagni.

Scrivo queste antibufale non tanto per i neofiti – per intenderci, chi deve ancora convertirsi da patatine, merendine ed estaté – ma per chi ci è già dentro da un po’ e vuole confrontarsi.

Alcune cose che dirò potrebbero suonare un po’ scomode e altre in apparente contraddizione con la vulgata del salutismo alimentare: un rischio che, dopo tanti anni di ricerca, mi sento di correre. Per sconfessare ogni mia ambizione da guru, immaginate tutto pronunciato dalla spaventapasseri che vedete in copertina, di cui vi spiego tutto con dovizia nelle note sotto.

Altra cosa: ho tenuto volutamente da parte indicazioni relative a scelte alimentari specifiche, in modo che le provocazioni che vi offro risultino il più possibile applicabili a ogni religione, filosofia, credo etico.

13 antibufale sul mangiar sano

  1. Verifica che, prima ancora che il cibo, non risulti indigesta tutta la miriade di informazioni che ricevi sul cibo o, peggio, che ti capita addosso via web. Facci caso: sui social si dice tutto e il contrario di tutto, dunque tocca farsi una bussola. Pulisci le tue bacheche e seleziona le tue fonti e notizie almeno tanto quanto il cibo.
  2. Non lasciare che sia la confezione a dirti se un prodotto fa bene. Come scrive Michael Pollan: «Evitate cibo light, zero grassi, dietetico e tutti i prodotti alimentari che vantano benefici per la salute».*
  3. Alcuni termini, letti superficialmente, contengono insidie. Attenzione a ciò che viene sbandierato come ‘integrale’ all’interno di contesti di produzione convenzionali o di larga scala. Facile che si tratti di un alimento che ha tutti i difetti di quello raffinato, salvo essere dopato di crusca – che, presa in sé, è una fibra di scarto, difficile da digerire, veicolo di pesticidi o concimi chimici residui.
    Per intenderci: il cornetto integrale al bar non è una buona soluzione per la colazione di tutti i giorni; ma anche la pasta integrale pescata dallo scaffale del supermercato ci va vicino.
  4. L’alimentazione è fondamentale e spiace che nei protocolli terapeutici non sia considerata come il primo rimedio da contemplare: in un certo senso il più intuitivo, il più facile e immediato, almeno in via integrativa. Il corpo è una macchina metabolica straordinaria. Diffida dei medici che, a fronte di una diagnosi, cronica o acuta, sanno solo dirti: «Mangia ciò che vuoi» o «Mangia un po’ di tutto».
    Procurati altrove delle indicazioni più utili e specifiche, per esempio da un biologo nutrizionista, da un immunologo o un altro medico specializzato in terapie alimentari ecc. Rivolgiti il più possibile a dottori o terapeuti che hanno fiducia nel corpo e sanno come sollecitarne la capacità di reazione.
  5. Detto questo, non attribuire la responsabilità esclusiva della tua salute al regime alimentare. A scanso di equivoci, intendo dire: contempla sempre anche un drenaggio ottimale delle tossine fisiche, mentali ed emotive. Mi scoccia citare Ippocrate perché è abusatissimo, ma qui mi fa gioco: «Se fossimo in grado di fornire a ciascuno la giusta dose di nutrimento e di esercizio fisico, né in difetto né in eccesso, avremmo trovato la strada per la salute». Sul tema della dieta emotiva, mi esprimerò meglio in un post dedicato.
    Non lasciare che sia la confezione a dirti se un prodotto fa bene.
  6. Non interpretare nessun regime alimentare come universale. Fino a qualche decennio fa, la cultura del cibo era strettamente localizzata e ruotava intorno all’economia di un territorio. Il rischio che stiamo vivendo è non solo quello di azzerare tutte le differenze e le specificità locali a favore di aree e macrosistemi globali, ma anche quello di ignorare le caratteristiche individuali di ciascuno.
  7. [Corollario del precedente] Prima di credere ciecamente a un regime alimentare, sperimentalo su di te e, se necessario, reinterpretalo adeguando un po’ il tiro delle indicazioni generali. Non considerare le regole valide per chiunque. «Ciò che per alcuni è cibo, per altri potrebbe essere potente veleno», diceva Lucrezio (per i latinisti: Quod aliis cibus est, aliis fuat acre venenum; grazie Giovanni per la traduzione).
  8. Alla parola biologico sostituisci termini come vivo, vitale, vitalizzante, integro. A quel punto togli dalla sporta o dal carrello i prodotti confezionati o elaborati che non consideri tali, indipendentemente dal bolline verde UE.
  9. Difenditi dai ‘free from’. Non è importante cosa non c’è, ma cosa c’è. Concentrarsi troppo su cosa non vogliamo significa combattere il nemico evidente, ma lasciarsi fregare da quelli occulti. I cosiddetti silent killers, consumati sistematicamente, sono senz’altro più dannosi di una trasgressione saltuaria.
    Analogamente, la cucina non può essere un dribbling tra cose consentite e non consentite. Il cibo parte da un amore, una cura, un piacere: da qualcosa di positivo che diventa il protagonista di una portata, di un momento, del tuo quotidiano.
  10. Non preoccuparti solo di ciò che ti può far male o quantomeno non concentrarti solo su quello. Individua anche quello che ti fa stare bene: ricercalo e perseguilo. Attività fisica, buone abitudini, imparare a dire di no, dedicarti del tempo di qualità a te e ai tuoi cari. Non perseguire solo ciò che alza la tua vitalità, ma individua e lascia andare anche ciò che la mina e l’abbassa.**
  11. Se costa troppo caro: c’è qualcosa che non va. Se costa troppo poco: idem, c’è qualcosa che non va! La salute non è un lusso, ma un gioco di equilibri. Se vuoi risparmiare o aumentare il potere di acquisto, riduci le distanze o i passaggi di intermediazione o entrambe le cose. Se vuoi spendere di più, fallo per premiare un servizio o un valore in cui credi e non per finanziare una boutique estetizzante che esercita una rendita di posizione. Se il cibo sano ti viene spacciato come un lusso per pochi, cambia luoghi e canali di vendita.
  12. Questa la rubo da Pino Africano: «Non si ingrassa da Natale a Capodanno, ma da Capodanno a Natale». Ecco. A “si ingrassa” sostituisci pure: ci si intossica, ci si ammala ecc.
  13. L’ultima bufala che ti suggerisco di sventare è che sia qualcun altro a spiegarti come devi mangiare. Il legittimo esperto, titolato a saperlo, è il tuo corpo. Ridagli potere.

In copertina è una specie di mio alter ego, bambola-spaventapasseri che devo alle mani amiche e allenate di Veronica, curatrice di quel sito-miniera che è VeroBiologico. In questa foggia en travestì ci siamo presentate in Cascina Cuccagna a Milano, in occasione di Cascine Aperte 2017. Mimetizzate tra i banchi del mercato contadino, abbiamo condiviso con i passanti consigli, ricette e micropillole sulla salute alimentare. Sia messo agli atti: in quel contesto, con quella compagnia e tutte quelle chiacchiere stimolanti, mi sono sentita molto, molto a mio agio :-)

* Michael Pollan, Consigli di resistenza alimentare, BUR 2011.

** Questa indicazione è una succinta e molto riduttiva sintesi del capitolo Il livello di vitalità del bellissimo libro di Sophie Ott, Supera una diagnosi da paura. Guarire il cancro con l’integrazione del lavoro emotivo e delle terapie complementari, Uno Editori 2016, piccolo volume molto leggibile che consiglio a tutti, malati di tumore e non solo.

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