Dicembre 2018: parte a Bologna il collaudo di Camilla, il primo bio-market italiano gestito in forma cooperativa, fondato sui criteri del consumo critico e solidale.
21 giugno 2018, solstizio d’estate: una data beneaugurale, per un progetto che merita il favore di tutte le stelle. In quel giorno si è costituita ufficialmente a Bologna la cooperativa Camilla – Emporio di comunità, progetto di uno spaccio autogestito che compra il cibo direttamente dai produttori e lo mette a disposizione dei propri soci.
Nella settimana dal 15 al 22 dicembre scorso c’è stata l’apertura dei battenti: porte aperte con alcuni prodotti in vendita, incontri e brindisi tra i soci. A inizio febbraio si conta di entrare a regime, con l’emporio regolarmente aperto e rifornito.
Dove? A Bologna, in via Casciarolo 8 (cioè qui), nel quartiere San Donato – Fiera. Orari indicativi: tardo pomeriggio (17-21) da lunedì a venerdì e tutta la giornata (9-20) di sabato.
Ci si potranno trovare: «alimenti biologici, filiere locali, prodotti equo-solidali, sfuso di qualità, cosmetici e detergenti naturali».
15-22 dicembre 2018: apertura dei battenti con le prime “prove di emporio” di Camilla.
Disclaimer Lo dichiaro subito: non sono affatto neutrale rispetto all’evento. Per chi come noi si occupa di spesa contadina, disintermediata, spesa di relazione e di territorio, direttamente dai produttori – quella che io chiamo #spesaumana –questaè una bellissima notizia.
Si tratta di un’esperienza pilota in Italia, un modello per chiunque cerchi di costruire soluzionipraticabili realmente alternative alla grande distribuzione organizzata (gdo), ma che ne ricalchino in qualche modo la praticità.
È un’esperienza che ha precedenti negli Stati Uniti (tra i casi più longevi, il Park Slop Food Coop a Brooklin, NY) e in tutta Europa, vedi la Bees Coop a Bruxelles e la cooperativa La Louve a Parigi.
Storia e scopi del progetto Camilla
Camilla nasce dopo circa un anno di incubazione, ma con un tempo di gestazione ben più lungo. Fondatori del progetto sono attivisti provenienti da due importanti reti del consumo critico bolognese:
l’associazione di produttori agricoli Campi Aperti
il Gruppo di Acquisto Solidale Alchemilla.
Che, combinati insieme, generano CA-milla.
Un supermercato? Molto meglio. Un emporio, autogestito in forma cooperativa, dove vige la prossimità con i fornitori – geografica e/o di relazione – e dove il prezzo finale ha un ricarico minimo, sufficiente a coprire le spese.
Come funziona Camilla, in sette semplici passi.
Il servizio potrebbe sembrare simile a quello di un market (e questo è un pregio): c’è una sede fisica, comoda da raggiungere, con orari da negozio; si possono acquistare diverse tipologie di beni, tutti accessibili nello stesso luogo; ci sono prodotti freschi, trasformati e conservabili, per la spesa del cibo, per l’igiene della persona e della casa. Ma la logica su cui Camilla si basa è molto diversa da quella della gdo.
Siamo nell’ambito delle esperienze cosiddette di spesa consapevole o consumo critico, per cui l’acquisto, anziché ridursi a gesto spensierato e condizionato solo dal fattore prezzo, si traduce in un’azione ponderata di natura civico-politica.
Cito dal sito di Alchemilla:
Il consumo critico consiste nel fare la spesa seguendo criteri di scelta che attengono non solo al prezzo e alla qualità dei prodotti, ma anche alla storia sociale e ambientale del prodotto e al comportamento delle aziende. Praticare il consumo critico è come votare ogni volta che si fa la spesa e perciò influenza il comportamento delle aziende.
Come funziona Camilla: il primo bio-market autogestito in forma cooperativa in Italia
Ho intervistato Giovanni Notarangelo, vicepresidente della neonata cooperativa, che molto pazientemente si è fatto travolgere dal fuoco di fila delle mie domande, tra l’ammirazione entusiastica e l’avidità curiosa. La chiacchierata è stata molto vivace – tra indipendenti, ci si intende.
Siamo partiti dal basso, con un gruppo più piccolo, che poi piano piano si è ingrandito. Per fare massa critica servivano almeno qualche centinaio di persone, ora sono iscritti 400 soci. Lo scopo è gestire l’intera filiera dal produttore al consumatore, con un progetto partecipato.
Uno degli incontri di preparazione del progetto: l’approvazione della Carta degli Intenti. Sala gremita e armonia di propositi.
Come si diventa soci o cosa è dovuto da chi partecipa?
Ci sono due tipi di soci, cooperatori e sovventori.
Soci cooperatori: accettiamo solo persone fisiche, cui chiediamo un quota minima una tantum di 125 euro (non annuale, si dà proprio una volta sola) e, ogni 4 settimane, 3 ore del proprio tempo per collaborare all‘emporio. Non è né lavoro, né volontariato: lo chiamiamo “turno cooperativo”. È la condizione perché funzioni l’autogestione da parte dei soci. I turnanti saranno comunque coordinati da altri soci, che fungono da “referenti di squadra”. Oltre alla motivazione, gli aspetti organizzativi devono funzionare.
Soci sovventori: possono essere sia persone fisiche che giuridiche. A loro chiediamo una quota minima di 500 euro. È una forma di sostegno diversa e ulteriore rispetto all’adesione come cooperatore (il socio sovventore non può fare la spesa né svolgere incarichi cooperativi, se non è anche cooperatore). Dopo 3 anni, si può ottenere la restituzione della somma versata, aumentata della partecipazione a eventuali utili di esercizio, oppure chiedere il rinnovo. Questo metodo, da un lato, libera la cooperativa dalla necessità di ricorrere al credito bancario, dall’altro mette in condizione chiunque – persone, associazioni e realtà produttive – di sostenere il progetto, anche a distanza.
Come scegliete i fornitori dei prodotti?
Innanzitutto sono i produttori di Campi Aperti, cui si aggiungono altri fornitori storici del Gas Alchemilla. Questo per coprire il primo paniere. Poi faremo un’ulteriore cernita per far entrare altre realtà. Ci ispiriamo ai criteri di ingaggio di Campi Aperti, che sono quelli della garanzia partecipata. Significa che non ci si affida alla certificazione di enti esterni, ma interni. Ovvero che c’è qualcuno in grado di verificare, con cognizione, l’affidabilità di un produttore in relazione al suo processo di lavoro, dal punto di vista ambientale e sociale.
Passate ‘Sfrutta Zero’, per una filiera pulita del pomodori nel nostro Sud. Un progetto FuoriMercato, che è tra i fornitori di Camilla. Notare l’etichetta ‘narrante’, con tutte le voci di remunerazione del prezzo finale.
Dove possibile, ci rivolgiamo a chi è vicino geograficamente; altrimenti, per prodotti che provengono da altri territori, ci affidiamo ad altre reti, che ci segnalano realtà più lontane da sostenere.
NB: i fornitori possono scegliere di essere soci come persone fisiche (se lo vogliono), ma non come azienda. Il che garantisce l’assenza di alcun conflitto di interesse.
La parola biologico si può applicare nel vostro caso?
Certo. Ma ben oltre il senso della certificazione da parte di un ente terzo, quella con il bollino, incentrata sulle modalità tecniche di produzione. Potremmo piuttosto parlare di ‘agroecologia’, che estende il concetto di biologico al rispetto per la terra e chi la lavora. Proprio grazie al sistema di garanzia partecipata, vogliamo sperimentare un processo di verifica che sia sotto il controllo degli stessi soci e che adotti una modalità nuova nei rapporti tra produttori e soci consumatori (siamo dalla stessa parte!).
In sintesi, in che cosa siete diversi da un normale supermercato?
È diversa la modalità di acquisto, che si basa su un processo completamente trasparente, anche in relazione al prezzo.
È diverso il rapporto con i produttori, che è diretto.
L’intento è di costruire una comunità, unita da pratiche di condivisione e di partecipazione attiva.
L’Emporio non si qualifica come un esercizio gestito da terzi, di cui si è clienti, ma come un luogo proprio, uno spazio comunitario e partecipato.
Parlami del prezzo: come lo formulate?
Anche qui vige la piena trasparenza. È il criterio del cosiddetto “prezzo sorgente” (l’etichetta trasparente di Veronelliana memoria, ndr), quello in cui sai esattamente cosa e chi stai remunerando. È un regime in cui regnano il riconoscimento del valore e la fiducia.
Il ricarico medio che ad oggi abbiamo calcolato è circa del 24% (molto, molto inferiore a quello della gdo, ndr). È quanto ci serve per coprire le spese, ma aspiriamo a diminuirlo.
Posso dire che, tolta l’iva, 3/4 del prezzo finale remunerano il produttore? Se sì, è praticamente una vendita diretta, fatta salva la copertura del servizio.
Sì, puoi dirlo.
Quali spese dovete sostenere per gestire l’Emporio?
Una delle voci principali di spesa è l’affitto del locale: 160 mq, di cui uno spazio adibito a ufficio e a sala riservata per eventi e incontri. La parte culturale e divulgativa non può mancare, è costitutiva del progetto.
Inoltre a febbraio, quando lo spazio sarà completamente allestito, ci lavorerà anche una persona fissa, regolarmente retribuita.
E poi ci sono tutte le spese tipiche di un’esercizio e di una cooperativa: utenze, commercialista, altro…
Ultima domanda. A detta di tutti, il mondo dei Gas e dell’economia solidale è in crisi. Tanti gasisti hanno abdicato (a favore della comodità e del prezzo), non tutti riescono a partecipare alle iniziative, c’è chi traina e chi è tirato ecc. Che ne pensi? Contate comunque di riuscire nell’intento?
Capisco ed è vero quello che dici. Guarda, il progetto Camilla nasce anche da queste difficoltà che tu stessa raccogli. È proprio la crisi dei Gas che in un certo senso ci ha spinto. Ad Alchemilla eravamo 150 famiglie, ma già da tempo l’area si era fatta un po’… asfittica e la partecipazione era diminuita. Per tanti motivi: questioni di tempo e comodità; la concorrenza è aumentata, anche perché diverse lobby e grandi brand, pur essendo di larga scala, si sono appropriati del lessico solidale; insomma il reclutamento si è fatto sempre più difficile.
Nel tempo in cui abbiamo progettato Camilla, ci siamo accorti che c’erano tante persone interessate a questo genere di filiera, che però non facevano parte né di un Gas, né frequentavano i mercati contadini biologici di Campi Aperti. Grazie alle presentazioni che abbiamo fatto in giro, abbiamo reclutato anche questa fetta importante di persone, che oggi rappresenta il 40% dei soci.
Grazie Giovanni! E un grandissimo in bocca al lupo da parte mia. Se fossi a Bologna, mi iscriverei subito.
Per chi è interessato, l’apertura definitiva dell’emporio è prevista nel mese di febbraio 2019. Per maggiori informazioni e scoprire come associarsi, consultate il sito Camilla.coop.
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Mezza piacentina e mezza milanese, un po’ selvatica e molto digitale. Sono un’ex cittadina apprendista di natura, con il neo della comunicazione. Soffro i veleni spacciati per innovazione, la fuffa romanzata bene e la bellezza che si estingue, non valorizzata.
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