Marketing, comunicazione e contadini
Quando, nel 2008, Gianluca Diegoli pubblicò e distribuì gratuitamente le sue 91 discutibili tesi per un marketing diverso, alla novantesima scriveva:
Campagna (di marketing) è un termine perfetto: solo non dovrete usarlo nell’accezione del generale, ma in quella del contadino.
In sostanza Gianluca suggeriva agli esperti di marketing di scendere dal piedistallo, accorgersi di quello che stava succedendo e trattare le proprie campagne promozionali non come un teatro di guerra dove competere, ma come un terreno di coltura dove seminare.
Il suo intento, allora, era provocatorio: si rivolgeva ai professionisti del marketing che resistevano (e ritardavano) a integrare gli ambienti digitali nei propri investimenti. Mentre infatti c’era già chi aveva intuito come la comunicazione pubblicitaria, unidirezionale, stesse cedendo il passo alla conversazione resa possibile dalla rete internet, in tanti restavano ancora fossilizzati alle modalità dei cosiddetti ‘media tradizionali’, snobbando il digitale come «moda transitoria, orpello, … scocciatura».
[Oggi potremmo dire che siamo circa al problema opposto: c’è la corsa all’online, per salire velocemente sul presunto carro dei vincitori, spesso senza strategia].
2020: la primavera digitale
Oggi, a 12 anni di distanza, mi sento di dire una cosa simile, rivolgendomi proprio alle aziende agricole, prima di tutto per rassicurarle. La comunicazione non è qualcosa di avulso dalla vostra attività, anzi, le somiglia molto:
Comunicare è come lavorare in campagna.
Dopo il lockdown di marzo-aprile 2020, e alla vigilia di nuove restrizioni, anche il mio ruolo fortunatamente è cambiato: non devo più corteggiare le realtà e microimprese contadine per convincerle a digitalizzarsi, semmai sono esse stesse, per prime, che sentono la necessità di dotarsi degli strumenti opportuni per raggiungere le persone e per farsi trovare dove serve, cioè (anche) online.
Comunicare è presidiare un territorio
Là dove le persone cercano, parlano, condividono, si scambiano pareri e recensioni, è là che conviene essere presenti, farsi trovare e presidiare il territorio, nel modo più proattivo possibile.
Il cliente ideale
L’obiettivo però – attenzione – non è tanto quello di catturare il maggior numero di prede possibili, fosse anche in una certa zona; ma di intercettare solo i clienti ideali, cioè persone davvero sensibili al nostro tipo di prodotto o servizio, che hanno una buona probabilità di innamorarsi di noi e di restare nel tempo come clienti affezionati e, perché no, soddisfatti ambasciatori.
Lo so, comunicare è un lavoro in più – per tanti una seccatura –, un’attività ulteriore per cui è difficilissimo ricavare tempo e risorse. Inoltre la presenza digitale richiede competenze che esigono una formazione continua, non solo per dedicarcisi in prima persona, ma anche per valutare le offerte di potenziali fornitori e collaboratori.
Ma non bisogna scoraggiarsi, anzi.
Un esempio di comunicazione contadina integrata
Qui di seguito metto una breve carrellata di foto tratte dai post su Instagram e Facebook di Fabio Costantini, contadino e allevatore di Rapallo (GE) che ospito orgogliosamente nella mia mappa dei produttori.
Fabio coglie con il cellulare istanti preziosi, ricchi di significato, e li propaga sui social con generosità e costanza. Il suo stile è ricco di calembour e giochi linguistici, che sono contemporaneamente il suo modo di scherzare e di provocare. Sotto spiego il concetto di ‘tono di voce’ e lui ne ha da vendere.
Cosa hanno in comune il lavoro contadino e la comunicazione
Sono davvero convinta che comunicare sia come lavorare in campagna. Provo a spiegarti il perché, dal mio punto di vista.
- Innanzitutto devi seminare bene, rispettando i tempi e armandoti di pazienza, senza fretta di raccogliere. Non puoi forzare più di tanto e, se lo fai, ti illudi: non servirà ad aumentare la qualità dei tuoi frutti. Inoltre le attività vanno scaglionate, così quando si raccoglie da una parte, si semina dall’altra. Devi avere un piano.
- Il terreno conta tanto quanto la semente, se non di più. Una volta scelto l’ambiente giusto, adatto, congeniale a noi stessi e ottimale rispetto a ciò che vogliamo ottenere, va nutrito e curato nel tempo. Per conoscere un contesto, cioè un canale comunicativo, ci vogliono dedizione, conoscenze e tempo. Non è un tasto di accensione, che lo premi e via; servono una progressione di azioni, nella giusta sequenza. Un anno dopo l’altro.
- A volte può essere utile sperimentare, ma sempre con giudizio. Conviene prima confrontarsi un po’ con gli altri, osservare, chiedere per capire. Poi, certo, ciascuno fa di testa sua e anzi viva la creatività. Ma comunque ogni terreno è diverso.
- È cosa furba differenziare le colture e il rischio: non si può investire su un unico processo. Alcune colture sono più durevoli e redditizie, altre più deperibili: nel tuo paniere convivono con funzioni diverse. Più ne sei consapevole, più saprai gestire le tue linee di lavoro – e di comunicazione – con l’aspettativa giusta, sapendo quello che ti potranno portare. Allo stesso modo non ti conviene puntare tutto su uno stesso ambiente digitale, trascurando gli altri (per es. sui social, trascurando il sito o Google My Business, o viceversa).
- Ci vuole molta, molta costanza. Pioggia, neve o sole, bisogna sempre uscire in campo e, il più delle volte, zappare. È un lavoro manuale e senza soste. Idem la comunicazione.
Aggiungo giusto qualche corollario, spero utile, sempre in scia a questa similitudine.
- Per alcune fasi il contoterzista o l’agronomo possono essere utili e risolutivi; allo stesso modo nella comunicazione si può ricorrere a consulenti per alcuni ambiti e/o periodi e/o per fugare dei dubbi specifici. Io stessa mi offro in questa veste.
- Il laboratorio di trasformazione può essere interno o esterno, presso un fornitore terzo; anche qui sono pro e contro. Sta a te decidere se tenerti in casa una lavorazione o demandarla: magari perché i macchinari sono migliori e non vuoi investire per comprarli, oppure per guadagnare in know-how più velocemente. Idem nella comunicazione, puoi valutare di cosa farti carico internamente e cosa demandare ai professionisti.
- Se hai carattere e personalità e sei dispost’ a metterlo in gioco, tanto meglio. Si chiama ‘tono di voce’ e tornerò a parlarne, perché è l’unica cosa che ti distingue in modo naturale e autentico, senza bisogno di inventarsi cose strane (che poi, si sa, a voler essere originali a tutti i costi, si ottiene l’effetto opposto).
- A volte, agganciare delle partnership con altri colleghi può essere vitale e questo permette di ottimizzare anche le risorse e conoscenze comunicative. ‘Fare rete’ serve davvero, non è solo uno slogan.
- La comunicazione è un ecosistema che si crea e si impara a gestire nel tempo. Quel che è certo è non si cura da sola e, se la si trascura, si vede; anche se è vero che alcune attività possono vivere più di rendita di altre (il sito più dei social, per esempio). Del resto anche l’agricoltura del non fare è un modo di dire: tutta l’agricoltura è una collaborazione attiva tra uomo e natura.
- Il fattore Qu[lo] non guasta, ma non ci si può affidare troppo: la visione di insieme e l’ostinazione pagano molto di più. In compenso, a volte serve qualche atto di fede.
- Tendenzialmente, la pubblicità è un costo; la comunicazione fatta bene, invece, è un investimento che rende e si capitalizza nel tempo. Potrebbero essere necessarie entrambe, ma la prima è l’irrigazione, la seconda il terreno.
A breve, sto per pubblicare un articolo con i miei suggerimenti di comunicazione per non farsi trovare impreparati a fine 2020, dedicati proprio alle aziende agricole: 5 cose che puoi fare a costo zero per promuoverti.
Dunque ci risentiamo presto, intanto lasciatemi i vostri pareri ed esperienze, se vi va.
Bellissimo articolo, come al solito! Un sacco di spunti interessanti, anche per una dalla doppia vita come me, “contadina ferrarese” nel fine settimana e lavoratrice milanese indefessa nel mondo editoriale per il resto del tempo! Al contrario di te, più cittadina che campagnola! e più amante del cemento che delle zolle di terra… Insomma, la penna pesa meno della zappa… Ma non si può essere perfetti!
Ciao Elena, grazie del tuo passaggio! Anche tu allora vivi a pieno la metafora, di qui la penna e di là la zappa… Direi anzi: gemellaggio perfetto e necessario 😉
Condivido appieno, e ancor di più la giusta ironia. Non sono mai stato un grande comunicatore, ma non mi sono mai neppure stancato di imparare. Adesso, a 54 anni, preso da una irresistibile voglia di rimettermi in gioco, trovo i tuoi pensieri condivisibili e utili per un buon spunto di partenza . Grazie
Grazie Corrado. Parli da comunicatore, coltivatore o entrambi? :-)