Perché non metto piede a EXPO. E non datemi della radical-chic

Antonella G.: Non avrei potuto dirlo meglio. Grazie a questo post di Vea (originariamente pubblicato qui) riesco finalmente a dare voce al perché non sono innamorata di Expo. Una spettacolare attrazione turistica, con pregevoli allestimenti scenografici e scenotecnici, ma non serve a prendere coscienza sul tema cibo

 

Senza tanti preamboli: Expo è una gigantesca operazione commerciale, che sfrutta il trend dell’argomentocibo” per portare soldi e affari alle solite 3/4 multinazionali che apparecchiano le nostre tavole tutti i giorni. E le apparecchiano nutrendoci di schifezze prodotte in totale spregio dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori agricoli e non.

Ricordo a me stessa e ai miei figli che io produco e mangio e compro consapevolmente, non solo per la mia e la loro salute, ma anche e soprattutto perché penso che questo sia il MIO atto politico.

E penso che oggi la questione dell’accessibilità al cibo e alla terra sia il campo su cui si giocano le più importanti battaglie politiche. Ci credo davvero, e tutto quello che faticosamente cerco di tenere in piedi ruota intorno a questo convincimento.

Penso ad Antonio, il militante del movimento Sem Terra che abbiamo ospitato recentemente al maso, a quello che ci ha raccontato sul Brasile: centinaia di migliaia di persone che rischiano la vita per procurarsi un pezzo di terra su cui far campare la famiglia…


Non sono per la coerenza a tutti i costi
: non ci credo e non è il mio obiettivo. E non sono fighetta radical-chic (lo so che è la prima cosa che pensate!). Non chiamatemi “talebana”. Ma Expo, no.

Una gigantesca operazione commerciale per portare soldi e affari alle solite multinazionali che apparecchiano le nostre tavole tutti i giorni, nutrendoci di schifezze.

Mi avrebbe fatto meno schifo se gli obiettivi fossero stati evidenti. Che so, una cosa del tipo: Expo, devastare il pianeta, arricchendo l’agribusiness… ma temo che non ci sarebbe andato nessuno.

Forse io sì, ci sarei andata. Avrei portato via molto di più, li avrei visti in faccia. Invece hanno creato una gigantesca Gardaland, infarcita di buoni sentimenti ecologisti (così ci sentiamo buoni e partecipativi delle sorti del mondo). Vi ricordate Matrix? Solo che lì per risvegliarsi la faccenda era complessa…

Alla Nestlé o al MacDonald costa molto meno una bella campagna di marketing pesante improntata all’ecologia, che rivedere le politiche di sfruttamento di terre e uomini che fanno sì che noi mangiamo schifezze a costi bassissimi, e loro si arricchiscono. Perché è questo che accade.

raccolto_Mas-del-Saro
Raccolto autunnale al Maso del Saro. «Nonostante una qual momentanea cialtronaggine orticola», ci assicura Vea, «l’orto se la cava anche da solo. Thank’s Mother Earth, for our daily bread!».

Chiariamo: non è che penso che il mio non andare abbia un qualche effetto sulla questione. Ma almeno mi ha dato l’occasione di spiegare ai miei figli (Mamma, ci andiamo anche noi?!? Daiiii!) perché NON facciamo una cosa.

E poi, via, il campo di grano in centro a Milano…

Note in calce di Antonella G. Ho conosciuto Vea sul web (ecco, vedi, né io né lei siamo poi così rétro). Le cose che scrive e che dice mi piacciono molto, siamo in sintonia e imparo continuamente. L’avevo già incensata qui, a proposito di lievito madre e panificazione, di cui è un’autorità indiscussa. Eppure Vea è un’ex cittadina convertita all’agricoltura e alla valle trentina dei Mòcheni a causa di un tale “Bauer”, che immaginiamo affascinantissimo (in piacentino si dice «Quand l’amur al ghé, la gamba la tira al pé»). Senza vantarsi di “nutrire il pianeta”, per lavoro si china parecchio; ma, per fortuna, ricava il tempo anche per scrivere e ospitare.

Foto di copertina: Padiglione Zero: una quercia secolare perfora il tetto, a simboleggiare la supremazia della natura sulle architetture umane. Se vi state chiedendo se l’albero sia vero o finto, trovate qui la risposta. Foto courtesy © Beppe Verge.

15 commenti

  1. Ci sono stato in maggio e ci tornerò prima che chiuda con una persona che vuole vedere. Sono d’ accordo in linea di massima con chi lo ritiene una fierona di paese alla ennesima potenza senza contenuti (almeno per quanto riguarda gli scopi dichiarati) ma ho potuto vedere e conoscere alcune cose che altrimenti sarebbero rimaste in ombra in mezzo al bailamme. Mi riferisco a impianti di agritecnologia sostenibile a basso impatto per coltivazioni in aree desertiche. Mi hanno affascinato e mi piace pensare di aver visto il futuro.

  2. Leggo sempre più certi commenti di persone che NON guardano MAI in faccia alla realtà: una realtà, in questo caso, che antecede un maxi-evento pro-business per le solite multinazionali e di facciata per buonisti :(
    L’etica non è di queste persone, e la cosa mi rattrista.
    Andare a Expo, sapendo COSA c’è sotto (e cosa ci sarà perchè la mangiatoia non è finita qua)….è proprio da paziente con sindrome di stoccolma o da grande ignorante senza valori.

  3. Questa giornata in “solitaria” all’Expo mi ha permesso di soffermarmi di più su argomenti di mio interesse. Cascina Triulza, Padiglione Bio, Padiglione Cluster dei semi e tuberi, Stati minori che non avrebbero mai avuto la possibilità di farsi conoscere, Stati che non avevo mai sentito nominale, orti, fiori, etc.. Ho letto tutto quello che c’era sul riso, sui legumi, sul caffè, sul cacao, su piccoli produttori, sulle “grandi idee” per dar da mangiare a tutto il mondo, etc. Ho escluso dalla mia visita i padiglioni più gettonati, i padiglioni non in linea con il mio pensiero sociale, ho lasciato fuori tutto ciò che è “da villaggio turistico e americanate varie”. E come è già successo altre volte mi prende un senso di sconforto. Più ti informi, più sai… e più ti rendi conto che forse il problema della “fame del mondo” è irrisolibile

  4. nel tuo articolo scrivi: “Mi avrebbe fatto meno schifo se gli obiettivi fossero stati evidenti. Che so, una cosa del tipo: Expo, devastare il pianeta, arricchendo l’agribusiness………..” Andando a vedere il sito di EXPO 2015 tra le prime cose scritte c’è: “Expo Milano 2015 è l’occasione per riflettere e confrontarsi sui diversi tentativi di trovare soluzioni alle contraddizioni del nostro mondo: se da una parte c’è ancora chi soffre la fame , dall’altra c’è chi muore per disturbi di salute legati a un’alimentazione scorretta e troppo cibo”. Poteva essere un modo per far vedere come si nutrono alcuni popoli e come si abbuffano altri, il problema è che nessuno se ne accorge

  5. Ci sono stata e ho provato le stesse cose che hai scritto. Sabato eravamo a feeding 5000 Milano, arrivare li dopo aver recuperato più di 2 tonnellate di cibo che sarebbe stato buttato è stato scioccante. Sapere la storia e vedere le multinazionali che la fanno da padrone è doloroso. Solo una mostra di denaro dove il cibo non c’entra.

  6. Il commento di massimo è quello che mi ha stimoltato a rispondere, cosa che non faccio mai, ebbene si il commento è più che corretto, infatti io pur avendo la percezione che le cose stavano come le ha descritte VEA, ho voluto andare di persona, ben due giorni, e vedere con i mie occhi per poter dire che è una gran bella operazione turistica e commerciale, bellissime strutture, grandi opere ( come tutte le grandi opere pochi intascano tanti tanti soldi e tutti gli altri stanno a guardare e…a pagare) il tema non è neanche lontanamente percepibile, a parte qualche raro paese con progetti concreti e già messi in atto. L’Italia come sempre riesce a tenere la testa fuori dall’acqua e dovrebbe rivalutarsi un pò, non siamo poi così’male, ce la caviamo sempre egregiamente, nonostante tutto. Per concludere, VEA HAI CENTRATO IL PUNTO!!

  7. Condivido in pieno quanto detto da chi si rifiuta di andare a visitare l’Expo. Ho purtroppo altre esperienze di questi non luoghi, dove non hai neanche la possibilità di visitare almeno una parte di essi (Vedi l’ attesa di 11 ore per visitare il padiglione del Kasakistan) Al di là del fatto che,almeno alcuni, sono “esposizioni guidate ” per dare una impressione di obbedire al tema ” nutrire il pianeta”, ma non sono altro che passerelle di personaggi che discutono con il tipico dejavu delle iniziative italiane, e di costruzioni architettoniche stravaganti di alcune nazioni, di cui non ho idea che fine faranno.Non sono andata e non andrò!

  8. Se non vai hai comunque torto, punto. Se vuoi criticare prima devi vedere di persona, non per sentito dire. Di questa tua opinione non me ne faccio nulla perché è chiaramente solo una percezione. Quindi io invece all’Expo cercherò comunque di andare.

    1. Caro Massimo,
      il tuo commento è molto interessante e tocca un aspetto che avevo considerato prima e dopo aver scritto il post. Permettimi un paio di considerazioni in proposito:
      – in generale, non credo che per farsi ed esprimere un’opinione sia SEMPRE necessario aver visto di persona un evento/notizia/qualsiasi cosa. Altrimenti non potremmo, come esseri umani, esprimerci su quasi nulla…che noia! Ti faccio un esempio: non devo per forza mangiare per 3 mesi da MacDonald per esprimere l’opinione che il cibo lì fa male: le opinioni si formano leggendo, ascoltando con spirito critico, confrontandosi e riflettendo a fondo;
      -potresti parlare di “percezione” se io avessi detto che Expo è “brutto” e che gli stand non sono interessanti da vedere…questo sarebbe sbagliato, perché non li ho visti (e sono sicura che sono stupendi). Ma io non ho scritto questo. Io ho voluto solo raccontare perché NON ci vado: per decidere se andare o no, ho letto molto, ho dibattuto, ho approfondito. Il fatto che sia un evento finanziato dalle multinazionali alimentari e dell’agribusiness non è una mia opinione. Sulla base di questo io ho fatto la mia scelta.
      Detto questo, leggo con interesse le descrizioni dei padiglioni, guardo le foto e ascolto i racconti di molti che ci sono stati. Diciamo che per una questione di principio (e ti assicuro che nella mia vita non ne faccio molte!) mi sono privata di un piacere estetico;-)
      Buona visita, e spero che ce la racconterai (magari con un commento su questo blog o sul mio http://almasopercaso.blogspot.it/).
      Vea

    2. Caro Massimo,
      secondo me ci sono delle scelte che si possono fare proprio scegliendo di non fare. Un potere che in questo caso anch’io ho voluto esercitare, esattamente come scelgo, via via, di non ricorrere più alla grande distribuzione per la mia spesa e, benché sia un po’ come asciugare il mare, sono convinta che sia la direzione giusta verso cui dobbiamo tutti contagiarci a vicenda, il più possibile.

      Tornando a Expo, ho grandissima stima delle maestranze implicate (in alcuni padiglioni ci sono stati lavori di progettazione straordinarî) e sono senz’altro convinta che, per eterogenesi dei fini, qualche cosa, o tanto, di buono nell’esperienza di ciascun visitatore si possa rintracciare; anzi me lo auguro.

      Tuttavia sono altrettanto convinta che, se davvero si volessero perseguire i fini dichiarati, la strada da battere sarebbe tutt’altra. Ma lungo quella strada, piuttosto faticosa, non sgomitano grosse folle, né di pubblico, né di investitori.

  9. ah, dimenticavo… ho visto album di fotografie di alcuni visitatori, sui social network: centinaia di foto in posa davanti a quelle immense scenografie di cibo di plastica e NESSUNA accanto al cibo, quello vero.
    Beh, si sa che oggi il pianeta si nutre di plastica, no?! :/

    1. Cara Stefania, grazie per il tuo passaggio. Come del resto mi ha fatto notare un caro amico filosofo: l’errore è già nella premessa: non siamo noi a ‘nutrire il pianeta’; semmai, al contrario, è lui che nutre noi, sempre che glielo lasciamo fare.

  10. Mia cara Antonella, pienamente d’accordo.
    Da tempo mi ripeto: dovrei scrivere un articolo sul mio blog spiegando la mia opinione su expo ? E continuo a rimandare. Ma la chicca è arrivata pochi giorni fa, quando un visitatore di mia conoscenza vi è andato:
    ha fatto colazione da McDonald’s
    pranzo: panini portati da casa, essendo a conoscenza delle lunghe code
    cena: minestrina calda alle 22.30 perchè da expo c’era la coda

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