La comunità dell’economia reale e locale – basata sull’incontro tra il sapere contadino e l’acquirente appassionato, che sceglie di comprare conoscenza, oltre che prodotti – è potenzialmente solida e vitale, ma ha bisogno di acquisire spazi condivisi. Il ruolo di produttori e consumatori nella visione ‘agrarianista’, a partire da uno spunto di Wendell Berry.
In ogni angolo del mondo occidentale, in una qualsiasi delle tante rivoluzioni industriali, il progresso attrae risorse, che abbandonano la terra e se ne dissociano, con un processo irreversibile che volatilizza in breve tempo tradizioni e know-how millenari. La larga scala ingloba e snatura la piccola scala, la compra a poco prezzo, garantendo benessere e crescita infinita, con promesse che generano illusioni ma senza capacità di futuro. Credere nell’alternativa resiliente e ‘agrarianista’ non è un vezzo da radical chic, ma un apprezzamento profondo di valori primari e benefici secondari. Non ultimo, la creazione di comunità locali solide, in grado di generare relazioni e trasmettere sapere.
I contadini diventano operai, le famiglie abbandonano le campagne e affollano le città: queste crescono a dismisura, si dissociano completamente dalla ruralità, con un taglio netto. In molti casi non si fa altro che scappare dalla fame e dalla fatica per finire a fare altra fame ed altra fatica in un posto diverso, più caotico e affollato.
Ma per tutto c’è un prezzo da pagare e del resto già si insegue il mito del progresso, che da sempre plasma la storia economica dei Paesi occidentali. Così, in un battito di ciglia, si innesca un processo che risulterà irreversibile: industrializzazione massiccia, specializzazione del lavoro, invenzione di nuovi bisogni, massificazione e incremento esponenziale delle produzioni, avvento della meccanizzazione in ogni campo. In tutto ciò, qualcosa inevitabilmente non può che andare perso: quel buon senso che aveva radici nel lavoro e nel rispetto della terra, un buon senso tipicamente contadino, da cui ci si è allontanati allontanandosi dalle campagne, dai suoi riti e dai suoi ritmi, dalle sue regole e dai suoi insegnamenti.
Agrarianismo, ovvero il ‘saper fare’
È un tema quantomai attuale. Wendell Berry tratta questo argomento in termini di agrarianismo (ingl. agrarianism o agrarian life), che in parte è un ritorno alle radici, in parte è uno stile di vita, non necessariamente rurale. Ma cosa intende con questo termine?
Agrarianismo è un modo di pensare fondato sulla terra. … È al tempo stesso un’economia e una cultura. Al contrario dell’industrialismo che prima di essere una cultura è innanzitutto un’economia.*
Potremmo considerarlo un particolare modo di vivere e di pensare, profondamente legato alla terra e alla razionale gestione delle risorse. Ma non per forza dobbiamo riferirci ad agricoltori custodi e contadini resistenti: in senso lato potremmo definire ‘agrarianista’ anche un uomo d’affari particolarmente saggio e lungimirante, dal forte senso pratico e dalle ampie vedute. Lo è chiunque sappia stare “con i piedi per terra” e vivere con animo semplice, concreto, equilibrato.
In poche parole sto parlando di buon senso, di quel senso pratico tipicamente contadino, di gente abituata a lavorare con le mani, ma che va ben oltre la manualità. L’attitudine di chi sa pensare in modo pratico e sa mettere in pratica quello che pensa, con la stessa manualità che usa nel fare qualsiasi cosa. Oggi si chiamerebbe efficienza, io lo chiamo ‘agrarianismo’, perché davvero è il saper fare contadino, di gente abituata a lavorare la terra e a non sprecare nulla.
Ora provate a pensare alla spregiudicata economia globale contemporanea: al flusso incessante di merci che viene spinto su e giù da una corrente impazzita, dove una ristretta cerchia di intermediari manovra con abilità l’intera società del consumo, forgiando a suo piacimento tanto la figura del produttore quanto quella del consumatore. Un’economia apparentemente solida, fatta di speculazioni e grandi numeri, di promesse di crescita e sviluppo infinito, che in realtà si fonda soltanto sulla continua ricerca del bisogno e del suo temporaneo appagamento.
Ecco, provate a pensare allora al suo esatto contrario: ancora ‘agrarianismo’, in qualche modo. Potrebbe essere ben rappresentato da un’economia reale e locale, dove produttori e consumatori dialogano e cooperano per la creazione di una comunità solida, dove a tutti sta a cuore il bene comune e la ricerca di un generale livello di benessere. La vera attenzione e la vera cura possono nascere solo da un impegno condiviso e all’interno di uno stesso scenario economico.
Il ruolo del consumatore
Ma allora quale figura, nella moderna società del consumo, ricopre un ruolo sociale determinante per muovere almeno un passo in questa direzione?
Oggi più che mai, il consumatore. La speranza è rivolta a una generale presa di coscienza: è agrarianista un consumatore davvero consapevole, informato, indipendente. Che decide di:
- dedicare parte del proprio tempo alla conoscenza diretta di prodotti e produttori
- investire in fiducia e supportare un modello di agricoltura davvero sostenibile
- coltivare il proprio senso critico, senza lasciarsi affascinare solo dalle mode del momento
- interessarsi ad attività e iniziative promosse sul territorio, che favoriscono la filiera e il tessuto economico locali
- raccogliere preziose informazioni su stagionalità, disponibilità locale e salubrità di ciò che sceglie di mettere a tavola
- combinare senso pratico e solidi principi etici e morali.
Questo tipo di consumatore sceglie di fare una spesa sana, pulita e giusta – o, come dice spesso Antonella, una «spesa umana».
Faccio un po’ di vendita diretta attraverso i farmers’ market. L’altro giorno una signora è arrivata in bicicletta al mio banco, mi ha sorriso e si è presentata. Ha chiesto qualche informazione su di me, sulla mia azienda e sui miei prodotti, visto che ancora non ci conoscevamo. Mi ha detto di essere vegetariana e mi ha svelato qualche dettaglio della sua dieta.
Io allora le ho consigliato un paio di ricette semplici mentre sceglievamo insieme i principali ingredienti della sua cena. Ceci secchi, una zucchetta, scalogno, cavolo nero, cavolo rapa. Ha messo tutto nel cestino della bici e mi ha salutato dandomi appuntamento alla settimana seguente. Io l’ho seguita con lo sguardo e poi immaginata sulla strada di casa, sorridendo. Intanto stavo scrivendo questo pezzo nella mente. Era un’agrarianista.
* Wendell Berry, La strada dell’ignoranza e altri saggi su economia, immaginazione e conoscenza, Lindau 2015.