The Milk System: l’industria del latte e il latte versato

L’altra sera a Piacenza, al Cinema Corso, è stato proiettato The Milk System, il documentario di Andreas Pichler, regista e ricercatore di Bolzano, che fotografa il sistema che sta dietro l’industria del latte, in Europa e nel mondo.

Il tema è quantomai attuale, in questi giorni in cui gli allevatori sardi rovesciano per strada il proprio latte, per protestare contro l’infimo prezzo al litro, riconosciuto loro in quanto conferitori di una lunga catena di trasformazione e distribuzione. Una protesta che non è certo nuova e che continua, periodicamente, a rigurgitare il proprio sdegno, e a cui il lavoro di Pichler fornisce diverse chiavi di comprensione.

Il documentario – una co-produzione Miramonte Film ed Eikon Filmproduktion – è distribuito in Italia da Movieday, il sistema grazie a cui chiunque può richiederne la proiezione nella propria città, raccogliendo un minimo di spettatori.

La proiezione per me è stata bellissima e necessaria, pur nella gravità dello scenario.

L’occasione è stata molto bella, perché riuniva tre associazioni locali, le cui missioni sono complementari ma non completamente sovrapponibili: Veg&Joy, Legambiente Piacenza e Cinemaniaci. Il documentario non ha un taglio espressamente vegan, se così si può dire, ma mette in scena un mondo di allevamenti intensivi senz’altro deprecabile. In sala era presente anche l’associazione Lumen, che per l’occasione faceva firmare la petizione Basta animali in gabbia.

The Milk System: quel latte difficile da digerire

Locandina The Milk SystemPer inciso, riporto il fatto che lo scorso ottobre, alla vigilia dell’uscita ufficiale, Coldiretti e Assolombarda si erano messi di traverso alla proiezione, presentando un esposto pubblico presso AGCOM e AGCM (autorità garanti rispettivamente per le Comunicazioni e per la Concorrenza e il Mercato) con accuse di diffamazione e di «danno certo alle imprese operanti nel settore, come pure ai consumatori e alla loro libertà di scelta verso consumi responsabili».

Riporto la notizia da Valori.it, dove c’è anche il link all’esposto completo: Quando il latte spaventa. Torna in sala The Milk System, il film “bloccato” da Coldiretti e Assolatte.

Secondo Pichler «un’iniziativa chiaramente intimidatoria, un pesante e completamente infondato attacco alla libertà di stampa e al diritto di espressione del pensiero in questo paese».

Dopo una prima prudenziale sospensione da parte degli stessi autori, nel gennaio di quest’anno il film è tornato in circolazione.

L’opera ha ricevuto numerosi premi internazionali tra cui, in Italia, quello di CinemAmbiente.

Il mio parere alla luce del docufilm

Dico subito quello che penso, premettendo che sono opinioni personali di chi ha un desiderio tanto preciso quanto forse utopistico: tornare alle filiere corte sane, connettere le persone ai piccoli produttori, valorizzare aziende e progetti che remino a favore delle comunità locali anziché globali.

Le sporte contro le Borse insomma – non solo quelle di plastica, proprio le Borse valori. Il documentario mostra bene come il prezzo del latte sia deciso a tavolino, in base alla domanda del mercato internazionale, dalla Cina all’America all’Africa. Altro che km zero.

Penso questo:

  • Siamo in balia dell’industria alimentare e delle lobby che la sostengono. Ne parlo spesso e l’ho fatto anche recentemente qui: Perché non uso il termine ‘spesa consapevole’.
    Gli allevatori sono apparentemente vittime di un sistema che li affama e indebita. Noi acquirenti, ne siamo apparentemente i felici destinatari: tutto mira alla minimizzazione del prezzo e alla massima diversificazione dei prodotti. In realtà siamo al pari vittime, non certo antagonisti. E più ci muoviamo allegramente nel luna park psichedelico dei centri commerciali, più ci allontaniamo dalla soluzione.
  • L’obiettivo di Nutrire il pianeta, che poi era il claim pubblicitario di Expo, è una delle più grosse mistificazioni a livello planetario. Semmai è la coperta moralistica con cui ammantiamo le più dubbie intenzioni. Se sfamare il pianeta significa spedire in Africa il latte in polvere liofilizzato e dolcificato in comode bustine monoporzione, a un prezzo infimo e certamente competitivo, esautorando di conseguenza i produttori locali, non ci siamo. Se sfamare il pianeta significa tradurre in Cina il modello alimentare occidentale degli ultimi 50 anni, la cosiddetta western diet, in versione ancora più efficiente e sofisticata, non ci siamo. Ambire a risolvere la fame nel mondo con la potenza elefantiaca dei giganti dell’agroindustria mi fa paura. A questo proposito, riporto lo spezzone di uno dei discorsi finali dello stesso Andreas Pichler (la cui voce off, con leggera inflessione germanofona, accompagna garbatamente tutto il film):
    Nel 2008 l’ONU ha commissionato uno studio per fare il punto sull’agricoltura mondiale. 400 scienziati sono giunti alla conclusione che il fattore decisivo per combattere la fame nel mondo non è l’aumento della produttività, ma la disponibilità di alimenti e la possibilità di produrre sul posto. Quindi la chiave per garantire l’accesso ad alimenti a livello globale sono le piccole aziende agricole; ma la grande industria agraria respinge queste conclusioni…
  • I documentari sono la comunicazione del futuro. Questo perché spesso la realtà si denuncia da sola ed è bello quando si trova una forma per fotografarla in modo così pulito e cristallino, senza arroganze o ridondanze. Non era presentata alcuna tesi, abbiamo visto quello che c’era da vedere.
Intendiamoci: lavoro nella – e per la – comunicazione e credo che la comunicazione oggettiva sia un falso miraggio. Nessuno può avocarla a sé, da nessun pulpito: semplicemente non esiste. È interpretazione l’ascolto, figuriamoci riferire o riprodurre. Proprio per questo, il lavoro di Pichler è ancora più meritorio, perché orienta il proprio scopo al bene comune: mostra quello che ci schiavizza e affama, mentre ci godiamo l’illusione di essere liberi e pasciuti.

Su Instagram

Ho scritto anche una breve recensione su instagram, dove ho raccolto diverse reazioni, anche di piccoli allevatori, che vi consiglio di leggere. A cascata, tante piccole aziende agricole hanno rilanciato il tema nelle loro stories, tutte molto illuminanti.

Il trailer ufficiale

Tutte le implicazioni del sistema industriale lattiero-caseario

Purtroppo non finisce qui, perché ci sono altre implicazioni, tutte denunciate dalla fotografia di The Milk System: di tipo etico, legate al benessere degli animali e al tipo di stabulazione; nutrizionali, legate alla dieta perversa delle vacche e nostra; ecologiche, legate alle conseguenze degli allevamenti intensivi in termini di consumo di risorse, inquinamento ambientale, sversamento dei liquami.

Guarda un altro breve spezzone a proposito della soia usata nei mangimi.

Senza mezzi termini, un disastro di proporzioni mondiali. Una valanga di latte che ci travolge, imbiancandoci la coscienza.

Consiglio a tutti la visione e ringrazio Andreas Pichler per la sua semplicità e coraggio comunicativo. Devo ammettere che ho più volte pensato che quelle vacche, allevate a consumare e produrre sempre di più, fossimo noi.

A indicare che un altro mo(n)do è possibile, il documentario mette in luce anche qualche alternativa positiva. Contro-protagonista del film è infatti il caseificio di Alexander Agethle a Clusio, in Val Venosta, nel comune di Malles (il primo comune europeo ad aver abolito i pesticidi).

Alexander ha interrotto il sistema convenzionale ereditato con il maso del padre: dopo aver finanziato con il crowdfunding la ristrutturazione del proprio caseificio, oggi alleva, insieme alla moglie vegetariana, una piccola mandria di vacche al pascolo, e produce formaggi a latte crudo.

La foto di copertina è tratta da un frame di The Milk System.

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