Viaggio tra aziende agricole biologiche alla scoperta della valle dei Mocheni, tirando un filo a partire da una donna, la cui storia mi ha affascinato.
Tutto parte da una blogger, ovvero: al maso per caso
Tutto è nato da una biografia che lessi anni fa in un blog, dove ero approdata perché si parlava con grande cognizione di pasta madre:
Sono V., moglie del Bauer, mamma di tre. Vivo in un maso di montagna dal 2002, in una valle bellissima e selvaggia del Trentino. Al maso per caso, per davvero: da quando il Bauer, nel lontano 2001 vide questa casa che a me ricordava l’Overlook Hotel (presente “Shining”?) e annunciò che la voleva a tutti i costi e che qui avrebbe vissuto! E che potevo fare? Questa non è la storia di un sogno che si avvera (ma quando mai a 25 anni sognavo di fare la contadina di montagna?), ma di un luogo che ci possiede e che ci ha forgiati e che lo fa quotidianamente, anche adesso che è diventato una micro azienda agricola.
… Last but not least, vorrei sfatare qualche leggenda metropolitana sul fatto che l’alternativa a qualsiasi fallimento o prospettiva che si allontana sia darsi all’agricoltura: non è così! E ve lo dimostrerò, forte della mia laurea in… cos’era?!?

La strana storia che si nascondeva dietro queste poche righe mi incuriosiva tantissimo. Chi era il Bauer? E cos’aveva di così affascinante da riuscire a sradicare una pisana per trascinarla ad avventurarsi in Trentino, prima, e a ristrutturare un maso sperduto nel bosco, poi? e con una creatura in grembo, ho scoperto dopo… Nel frattempo dal lontano 2002 la famiglia è cresciuta, come potete vedere dalla foto accanto.
Non solo: nella sua veste di blogger, Vea – nemmeno il nome è comune – aveva il dono di una penna fluida, capace di esprimersi in modo asciutto e coraggioso, su temi che condividevamo; dunque la leggevo avidamente. Finché non la corteggiai per ospitare qui un suo articolo, che è stato tra i più virali del blog: Perché non metto piede a Expo. E non datemi della radical chic.
Da allora ci siamo incontrate fugacemente una volta a Trento, in occasione di Fa’ la cosa giusta (una fiera che vale il viaggio; punto di partenza assoluto per conoscere produttori virtuosi dove conviene spendere, comprando meno e meglio); ma siccome eravamo entrambe di corsa, ci siamo ripromesse di rivederci con più calma.
Sentivo una forte affinità femminile e le promisi che un giorno sarei andata a trovarla nel suo mitico regno: il Mas del Saro.
La scoperta della valle dei Mocheni
Da allora il proposito di andare a trovare Vea è rimasto vivo e finalmente, lo scorso week-end, si è concretizzato! Ho colto l’occasione per fare un giro nella misconosciuta valle dei Mòcheni, una valletta laterale della Valsugana a soli 20-25 minuti/chilometri da Trento, una zona del Trentino poco turistica (meglio!), nota soprattutto come isola linguistica altotedesca – dove cioè si parla un tedesco medievale, che si pronuncia e si scrive in modo diverso dal tedesco classico*; ma in realtà il grosso delle persone parla italiano.
A parte organizzare per tempo il pernottamento, non ho avuto bisogno di programmare molto (complice anche il periodo fuori stagione). Avevo intuito che Vea aveva tessuto una trama di rapporti con altri produttori virtuosi, che sarebbero stata la mia rete di sicurezza e contemporaneamente le mie mete, flessibili giorno per giorno. Del resto ormai non viaggio che così, cioè relazionandomi con i contadini biologici e godendo delle loro stesse relazioni.
Dedico dunque questa miniguida a chiunque cerchi un itinerario montano e trentino non troppo consueto, dove sorprendersi di tante piccole chicche ed essere accolto come in famiglia :-)

Dove dormire in Valle dei Mòcheni
B&B Gian
Viaggiavo in compagnia e la nostra scelta per il pernottamento è caduta sul B&B Gian.
[Edit: dal 2020 Daniela Dalbosco, la proprietaria, ha trasformato il B&B in un laboratorio di prodotti da forno, Danimpasta].
Un Bed and Breakfast autentico, dove si respira l’ospitalità discreta, ma attentamente premurosa, di Daniela e della sua famiglia, che predispongono tutto per farti sentire come a casa (fin dall’arrivo, quando il figlio Giovanni si è affacciato subito ad accoglierci dal poggiolo, con un sorriso). Si vede che per tutti loro, e Daniela in particolare, accogliere è proprio una vocazione.
Gli ospiti dimorano al piano ammezzato, in uno spazio appositamente ricavato ma non separato della casa. Il soggiorno che precede le camere ha al centro una stube originale del ’700, in maiolica, che emana un calore e un’atmosfera speciali: gli arredi sono in legno e non mancano la classiche panche intorno al tavolo. Tutto è predisposto per stare in relax, a proprio agio, con tantissimi libri e guide locali, giochi di società (tra cui la trottola in legno detta ‘pirlo’) e altri generi vari di conforto. Tutto concorre a farti vivere l’esperienza di una classica dimora alpina di montagna, in perfetto stile trentino.
Dalla stanza della stube si accede alle 3 camere per gli ospiti (due matrimoniali e una singola) e al bagno comune, con doccia, confortevole e funzionale; un secondo bagno ancora più grande e stiloso è disponibile al secondo mezzanino della casa, con il comfort di una vasca extralarge e tutta la dote per fare un bagno con essenze defatiganti e sali rigeneranti. Era come entrare in una piccola e curatissima spa, ma con tanta autenticità e qualcosa di speciale in più.
Le colazioni sono da 10 e lode: le abbiamo definite “superlative assolute”. È tutto, tutto fatto in casa – anche quello che non ti aspetti, come i segalini – con mano d’oro. Nota: noi abbiamo optato per una colazione no limits, ma chi fosse vegano o intollerante può formulare per tempo le proprie richieste.
Stando al B&B Gian si resta in fondovalle, all’interno di una frazione di Sant’Orsola poco distanti dalla Provinciale (che però non si sente affatto, anzi il silenzio è uno dei pregi), nel versante italiano e più popolato (si fa per dire) della vallata, non lontani dal torrente Fersina, lungo il quale si sviluppa un comodo itinerario poco impegnativo.
Si rimane anche a pochi km dal paese più servito, che ha vari servizi tra cui lo sportello Bancomat (utile perché qui molti esercizi a gestione familiare non ce l’hanno, giustamente) e si rimane vicini anche al maso di Vea, il Mas del Saro, raggiungibile in pochi minuti di auto e qualche km a piedi. Tutto il resto della sentieristica è a portata di mano, con il pregio di potersi fare presentare gli itinerari da una guida d’eccezione.

Daniela, che di cognome fa Dalbosco (!) è un’esperta di cammini, nonché insegnante di Nordic Walking (anche in versione Winter), specialità che lei ci ha descritto entusiasticamente come attività divertente e salutare, che smuove ogni muscolo del corpo. Dunque per tutto ciò che è escursione, trekking, ciaspolate, con lei siete in una botte di ferro: saprà senz’altro cucire un itinerario perfetto attorno alle vostre esigenze, così come ha fatto con noi. Anche perché questa valle, circondata dalla corona del Lagorai, è ideale per il turismo outdoor in ogni stagione.
Visita il sito del B&B Gian.
Trentino Guest Card
Daniela aderisce al circuito della Guest Card, per cui rilascia un pass che consente di accedere gratis a musei, castelli, eventi, usare liberamente i trasporti trentini, usufruire di sconti presso attrazioni, terme, cantine, produttori locali ecc.
Dove mangiare in Valle dei Mòcheni
Mas del Saro
Eccoci al cuore, al luogo di culto di questo viaggio: il Mas del Saro, dove Vea e la sua famiglia ospitano a tavola una ventina di coperti in un’atmosfera incantevole, che ha qualcosa del jazz club parigino e tanto della baita romantica di montagna, dove tutto è oggetto di cura e nulla è lasciato al caso. La cucina è latto-ovo-vegetariana, con possibilità di piatti vegani su richiesta. Aperto venerdì e sabato sera e domenica a pranzo.
Il posto è nel bosco, defilato ma ben raggiungibile, a qualche km di tornanti dalla Provinciale.
NB: sia il B&B Gian sia il Mas del Saro sono masi storici ristrutturati con criteri di bioedilizia.
Consulta la scheda di ConsideroValore del Mas del Saro.
Agritur Klopfhof
Siamo passati all’Agritur Klopfhof a un orario imprecisato durante il giorno, senza preavviso, con l’intenzione di prenotare per cena di persona. Lì per lì abbiamo trovato un ragazzo che stava facendo i mestieri e lo abbiamo ingenuamente interpretato come una specie di garzone delle pulizie.

Poi la sera abbiamo scoperto che proprio lui, Daniele, e Barbara sono i gestori dell’Agritur, gli allevatori e stallieri, gli ortisti e boscaioli, i cuochi e factotum, nonché genitori di 4 (quattro!) figli. Creature che consideriamo fortunate non solo perché poco inquinate dalla Co2, ma anche perché naturalmente dissuase da lamenti e capricci: lì c’è parecchio da fare ed è logico responsabilizzarsi fin da subito; in compenso il bosco è un enorme e salutare parco giochi.
La cucina è onnivora o latto ovo-vegetariana. Abbiamo mangiato veramente bene e di gusto, in finezza e varietà più che in quantità (a nostro parere è un pregio). In sala Daniele serve in modo affabile, per non dire brillante, ma con elegante misura.
Anche qui, come al Mas del Saro, il menu è mensile, sia per rispettare la stagionalità sia perché, come dice Daniele: «la differenza tra un ristorante e un vero agriturismo e che al ristorante le portate scegli tu, in agriturismo le scegliamo noi, secondo quello che offre la natura».
Purtroppo per loro, non volevamo più andare via!
Aperto solo nel week-end per gli esterni; mentre per gli ospiti delle camere è sempre garantito il servizio di mezza pensione.
Consulta la scheda di ConsideroValore dell’Agritur Klopfhof.
Osteria Morelli
A Canezza, osteria storica del circuito Slow Food. Non l’abbiamo provata perché era chiusa per ferie, ma ci è stata molto raccomandata. Cucina tradizionale trentina, a cura dello chef Fiorenzo Varesco, con materie prime provenienti da piccoli produttori locali. Calore del camino assicurato.
Ristorante enoteca Boivin
Poco distante in Valsugana, a Levico Terme. Sempre parte della selezione Osterie d’Italia di Slow Food. Anche qui non siamo riusciti a provarla, perché in questo periodo era chiusa per ristrutturazione, ma ci è spiaciuto molto. Cucina di grande esperienza e cultura, con echi da tutto il mondo, ma una forte impronta legata alle stagioni e alla tradizione locale. Segnare.
Progetto Bollait
Vea, Daniela e Barbara sono anche le pasionarie del progetto Bollait, che da due anni a questa parte si impegna a ritirare il pelo della tosatura delle pecore dei pastori transumanti lungo il Lagorai – che prima veniva conferito a pagamento come rifiuto speciale, oggi viene addirittura rimborsato – per farlo confluire in una filiera tracciabile della lana, che si occupa in concreto di tutte le fasi di lavorazione ossia lavaggio, cardatura, filatura, tintura al vegetale e infine lavorazione in fiocco, in feltro e a maglieria, per poi confezionare capi che vanno dai lanotti ai materassi, dalle calze ai maglioni, dai cappelli alle scarpe.
Caseifici in valle dei Mocheni
La Capra Felice
[EDIT: lascio questo spezzone per fare memoria di Agitu, morta il 29 dicembre 202o a 42 anni, uccisa a martellate. È scioccante, lo so, ma proprio per questo voglio contribuire a ricordarla].
Agitu (pronuncia Aghìtu) è una forza della natura: una donna concreta, di grande integrità e fascino. Si alza tutte le mattine alle 4 e accudisce le sue 130 capre con una dedizione totale, riconoscendole e chiamandole per nome una per una. Ho sintetizzato tutto quello che penso di lei in un post su Facebook:
Una donna forte, bellissima (tempo di innamoramento: 3 minuti max), piena di determinazione e coraggio. Che tratta le sue capre con un tale amore che persino alcuni vegani, dopo averla conosciuta, accettano di mangiarne i formaggi. Che, pur provenendo da un altro continente, vuole creare economie virtuose sul territorio e per il territorio, a filiera brevissima: «Non spedisco i miei formaggi fuori regione, se non ai gruppi d’acquisto», mi dice. E ancora: «Se un giorno mi obbligheranno a pastorizzare il latte, chiudo». Senza compromessi.
Le ho chiesto da dove venisse tutta quell’energia e mi ha risposto che è il dna delle donne del suo popolo (etìope).
Nel frattempo sto anche provando la sua crema viso a base di latte di capra e olii essenziali di arancio.
Senza eccezione, chiunque abbia skypato con me in questi giorni, vedendomi in videocall (cioè da vicino), ha detto: «Che bella pelle che hai!» Insomma, pare che l’effetto lifting sia evidente (oltre alla piacevolezza al tatto e all’olfatto). A differenza dei formaggi, che si possono comprare solo in loco o ai mercatini della zona, i prodotti cosmetici sono disponibili tramite lo shop online e vengono spediti in tutta Italia.
Trovate Aghitu in caseificio il sabato e la domenica con orario continuato ore 10-17.
Consulta la scheda di ConsideroValore de La Capra felice.
Mas La Grisota

Abbiamo incontrato Debora nel suo piccolo e delizioso caseificio in legno dove il pezzo forte, dopo di lei, è una ‘caldèra’ del 1930, cioè un enorme paiolo in rame recuperato e ristrutturato, dove viene fatto il formaggio portando il latte alla temperatura di 40°, con una tecnica al vapore. Ed è la massima temperatura con cui il latte viene lavorato, perché si fa tutto a crudo.
Qui la religione è quella delle vacche grigio alpine, dette grisòte. Dall’età di quattordici anni Emil, il marito di Debora, ne compra una all’anno.
D’inverno il caseificio è aperto mar-ven ore 16-18 e il sabato ore 10-12.
Consulta la scheda di ConsideroValore del Mas La Grisota.
In valle ci sono molte altre attrazioni come mulini, segherie, masi storici e il Museo della Cultura Mòchena. Chi vi ospiterà saprà darvi tutte le indicazioni in dettaglio. Per approfondimenti ulteriori vi rimando al sito ufficiale di promozione turistica della valle.