Vedete, in foto, l’azzurro intenso della maglietta di questo ragazzo, Paolo? Ecco, i suoi occhi sono proprio così. Stesso tono di colore, stessa brillantezza e intensità. Ma facciamo un passo indietro.
A Mareto, patria delle patate
Ero curiosissima di andarlo a conoscere, Paolo Rossini di ‘Verde Lattuga’. Da Mareto non mi separa un gran viaggio – abito anch’io in quella meraviglia che è la Val Nure, in provincia di Piacenza (da qualche giorno tristemente nota alle cronache nazionali per un’alluvione dagli esiti micidiali). Si trattava solo di ricavare il giusto tempo. Per arrivarci da Ponte dell’Olio, ci vogliono circa quaranta minuti; da Piacenza qualcosina di più.
Giunti a Farini, una deviazione a destra e una serie di tornanti consentono di guadagnare in breve l’onorevole quota di mille metri. Poco sopra, le pendici del monte Aserei sollevano dolcemente il crinale tra la val Nure e la val Trebbia, regalando una vista a 360° sugli appennini che consiglio a tutti, almeno una volta nella vita.
Per l’occasione avevo trascinato nella gita anche il mio amico Blond-Biondelli, aspirante futuro GAE (alias Guida Ambientale Escursionistica), uno che se intende delle cose che contano in questi casi: flora e fauna, agricoltura, sentieri e, moltissimo, Val Nure; ma anche fotografia – infatti ne approfitto. Dopo un microgiretto della domenica e qualche chiacchiera con gli indigeni impegnati a raccogliere patate, eccellenza tipica del territorio, ci presentiamo a destinazione.
Il cartello in legno, issato sulla provinciale che collega Mareto a Pradovera, è molto carino, bel segno (c’è anche una mano femminile, penso). Ci inoltriamo per qualche passo in direzione del campo ed ecco subito accoglierci una ragazza, Laura, e poco più avanti, Paolo, affaccendato ma sorridente e contento di vederci.
Prima sorpresa: il campo non si presenta nella consueta forma rettangolare, ma ha l’area di un cerchio, anzi per la precisione è una spirale. Con un tuffo nel passato delle mie peregrinazioni medievali, mi ricorda il labirinto di Chartres (come può confermare la vista dall’alto, prodigi di Google Earth). Cito dalla pagina Facebook dell’azienda agricola Verde Lattuga:
La forma a spirale ha qualcosa di ancestrale, ricorre spesso in Natura e si ritrova in numerose culture. […] È a spirale anche il guscio della lumaca, l’animale della lentezza, che noi consideriamo valore.
Le volute della spirale sono costituite da montagnette di terra a sezione trapezoidale, larghe circa un metro e alte un terzo. Il vantaggio di questi ‘bancali‘ è che le piantine spuntano non solo dall’altipiano sommitale, ma anche dalle pendici laterali: una comoda e geniale ottimizzazione degli spazi.
Più che un orto, un giardino
La tecnica qui utilizzata è quella dell’orto cosiddetto “sinergico”. Sinergia vuol dire azione combinata, cooperazione, che consente di raggiungere, con più efficienza, risultati superiori a quelli conseguibili con le singole azioni separate.
La collaborazione di cui si parla è quella che avviene prevalentemente tra gli stessi elementi naturali, senza che ci sia prevaricazione da parte dell’uomo. Chi governa ha ‘solo’ il compito di guidare in modo sapiente, cioè rispettoso, questa inclinazione naturale, per consentirne i fini. Cito ancora dalla pagina FB di Verde Lattuga:
L’agricoltura naturale è l’agricoltura del “non fare”, che significa lasciare fare alla natura e intervenire il meno possibile: non arare, non usare concimi chimici e fertilizzanti, né diserbanti, né insetticidi.
Seconda sorpresa: avvicindandosi, lo spazio assomiglia, più che a un orto, a un giardino botanico. Pieno di fiori, piante rampicanti, di profumi e di colori. Nonostante Paolo insista nel dirci che è tutto solo all’inizio, quello che si vede è molto curato e trasmette una sensazione di armonia e bellezza.
Dietro la guida di Paolo, ci addentriamo nell’area coltivata. L’istinto mi suggerisce di inoltrarmi con prudenza, quasi chiedendo permesso, per non rischiare di calpestare qualcosa di essenziale camuffato da malerba.
L’irrigazione è svolta con il sistema goccia a goccia, reclutando acqua piovana e torrentizia attraverso due piccoli bacini, il lago Goccia e il lago Menta. A pochi mesi dalla realizzazione rappresentano già due piccoli biotòpi ricchi di vita e di acqua fertile.
Lungo un lato del cerchio e poco distanti, quasi a custodirlo, non mancano piante di frutti antichi, tra cui le famose mele verdone, varietà autoctona piacentina premiata già come «pregevole» nel 1924 a Trento (dove credo se ne intendano), per eccellenti doti di «resistenza alle malattie, conservabilità e sapore» e il cui impianto ha valso allo stesso Paolo un riconoscimento.
Dal filo elettrico al filo di paglia
Cerco di indagare un po’ sui retroscena. «Il lavoro di elettricista non mi piaceva» dice Paolo, fermo, ma con tenerezza (forse verso il se stesso di prima, forse verso i suoi genitori, a cui questa rivoluzione sarà stata indigeribile almeno quanto un piatto di paglia).*
Intuisco che la scelta è stata risoluta, ma sofferta. Me lo conferma. Conversando un po’, siamo entrambi d’accordo che nessuno dovrebbe lavorare – o, peggio, vivere – aspettando con ansia che arrivi il week-end, né tantomeno la pensione (altra chimera). Il lavoro deve piacere tutti i giorni, se no va cambiato.
E tutti i giorni, la campagna chiama. Ricorda Fukuoka, citando una filastrocca contadina: «Se l’autunno porterà pioggia o vento, non posso saperlo, ma so che oggi certamente lavorerò nei campi». Questa è l’unica certezza che Paolo è disposto ad avere. Per il resto rischia, confida e soprattutto, senza tregua, lavora.
«Ma facevi l’orto anche prima?»
«Sì, in pianura però».
Prodotti e cassettine
I prodotti disponibili per ora sono (al momento della mia visita a inizio settembre): pomodori, fagioli, fagiolini, cicorie, bietole, carote, patate, barbabietole rosse varietà rotonda e varietà lunga, cipolle, aglio. Per l’autunno sono annunciate crucifere, in tante varianti, altri ortaggi e anche topinambur.
Paolo ci tiene a informarci che attualmente l’offerta è limitata e si esaurisce in fretta (acquistata in loco da residenti e villeggianti). Ma con la prossima stagione, raggiunta una massa critica di prodotti, si attrezzerà lui stesso per scendere a valle e rendersi reperibile presso tutte le sedi opportune di vendita locale e diretta. Ci terrà aggiornati; per ora godiamoci le foto delle sue prime invitanti “cassettine”.
Non c’è dubbio: la rivoluzione del filo di paglia non esiste senza un filo di follia. Sarà per questo che ci è stato facile solidarizzare. A folli come questi, evidentemente con gli attributi, va tutta la nostra stima e il nostro augurio. Ci rivediamo per cavolini di bruxelles e topinambur :-)
Per visualizzare mappa e contatti consulta la scheda di Verde Lattuga nella guida di Considerovalore.
* Con riferimento alla tipica pacciamatura che si usa in agricoltura sinergica e al libro guida dell’ideatore del metodo Masanobu Fukuoka, La rivoluzione del filo di paglia, 1978, ed. it. Libreria Editrice Fiorentina, 2010.
io ho letto per caso i libri di Fukuoka,2 per la precisione e non mi sono più usciti dalla testa. vorrei anche io muovermi in quella direzione quindi ho cercato le esperienze a me più vicine ( a Piacenza), vorrei confrontarmi e saperne di più nella pratica.
i piacerebbe fare una chiaccherata con voi. Michela Rossi
Ciao Michela, sono Antonella, l’autrice dell’articolo. Puoi contattare Paolo direttamente via cell oppure attraverso la sua pagina FB; trovi qui tutti i recapiti: https://www.considerovalore.it/guida-ai-produttori/azienda-agricola-verde-lattuga/
Vedrai, Paolo è una miniera di informazioni ed è molto disponibile. Tra l’altro nel piacentino inizia già a formarsi una discreta rete di esperienze di orti sinergici.