Ha senso togliere il glutine per chi non è celiaco?

Quando leggo notizie o articoli che dicono che non c’è alcuna evidenza scientifica che il glutine sia dannoso (l’articolo è del Post, una testata che apprezzo molto), mi viene in mente quella volta in cui un medico, in piena buona fede, rispondendo alla mia domanda se avesse senso ridurre o abolire il glutine per guarire dal morbo di Basedow – una forma di ipertiroidismo autoimmune che nel 2012 mi si presentò con una sintomatologia acuta, regalandomi anche un adenoma di 2 cm e mettendomi letteralmente al palo per quasi due anni –, mi disse:

Al momento, secondo la letteratura scientifica non c’è alcuna correlazione acclarata tra patologie tiroidee e assunzione di glutine.

«Dunque no, non serve che se ne astenga».

Era il 2012. Io invece seguii il mio istinto e feci il tentativo, suffragata da altri pareri per me autorevoli. Per un anno e mezzo fui rigida: niente glutine, no no no. A mangiare la pizza ci andate voi, io non vengo. Ma hanno anche quella per celiaci! Per carità, i mix di farine senza glutine sono un party di amidi e addensanti, no grazie; mi spiace per la religione del gluten free, ma il glutine voglio evitarlo, non sostituirlo e implicitamente sentirne la mancanza.

Al termine di quel lungo periodo (e probabilmente grazie a una concomitanza di cose, alcune che ho fatto e altre che ho smesso di fare), sta di fatto che la mia funzionalità tiroidea è tornata nella norma e io ad oggi mi sono risparmiata la radioiodioterapia o, in alternativa, l’asportazione totale dell’organo.

Questo post non è un articolo di Science, ma qualche sospetto che il glutine c’entri mi viene. Sicuramente, direbbe un nutrizionista, c’entra il microbiota: l’habitat intestinale che crea le condizioni del nostro stato generale di salute.

Ovvio che la mia storia non ha evidenza scientifica; semmai ha un’evidenza empirica. E un giorno che decidessi di raccontarla in tutti i suoi aspetti, sono sicura che avrebbe anche un’evidenza narrativa. Vorrei insinuare quantomeno il sospetto che ciò che la scienza, per questioni di metodo, non può permettersi di affermare o dimostrare, o non può ancora farlo, o non può farlo su un campione sufficientemente ampio, non è necessariamente falso o inconsistente.

A valle di questa esperienza, e dopo essermi confrontata in questi ultimi anni con centinaia di persone (amici, nutrizionisti, medici, naturopati, chef e insegnanti di cucina naturale, produttori di cereali ecc.), oggi vi dico, schiettamente, come la penso. Per una volta senza lunghe bibliografie e citazioni autorevoli – che pure esistono, ma farebbero diventare il post chilometrico e anche un po’ timido.

In quali casi togliere il glutine?

Ci sono almeno 4 casi in cui togliere il glutine potrebbe fare la differenza:

  1. Quando si è arrivati a un punto di saturazione, ci si vuole sgonfiare e disintossicare.
  2. Quando si vuole sottoporre il corpo a un reset profondo.
  3. Quando avete dei sintomi o dei disagi psicofisici non immediatamente riconducibili ad altre diagnosi.
  4. Quando avete patologie autoimmuni come tiroiditi, diabete di tipo 1, psoriasi, artrite reumatoide, sclerosi multipla ecc., sia perché nel frattempo la correlazione con il glutine è stata acclarata, sia perché vale la pena fare il tentativo. Ma questo, sia chiaro, è il mio parere e l’esito della mia storia personale.

Quando è troppo, è troppo

Prima indicazione generale. Se ci teniamo a una dieta sana e vogliamo riprendere il timone della nostra alimentazione, ci dobbiamo rifiutare di assumere in corpo:

  1. troppe quantità della stessa cosa;
  2. una serie di robacce che ci spacciano come cibo.

Tra queste, c’è senz’altro la farina industriale di frumento (sinonimo di ‘grano’) che, sì, contiene glutine. Dal momento che noi abusiamo di carboidrati, che la farina che ci rifilano è scadente ed è dappertutto, la prima mossa è aprire gli occhi e farci caso, per esempio imparando a leggere le etichette: non gli strilli a caratteri grandi, ma proprio l’elenco degli ingredienti sul retro. La prima conseguenza è che si diventa più analitici e più selettivi.

PS: la farina integrale industriale risolve pocoè robaccia pure quella.

C’è glutine e glutine

Il glutine non sarebbe da demonizzare di per sé. È contenuto nei cereali che – volenti o nolenti – sono la base della nostra dieta e lo erano a pieno titolo quando la nostra vita era meno sedentaria. Bisogna però fare qualche considerazione:

  1. Esiste un glutine nemico e un glutine amico. Il glutine nemico è da fuggire come la peste, ma ci viene incontro così facilmente che spesso non ce ne accorgiamo nemmeno; il glutine amico no, può essere ammesso alle nostre tavole con il sorriso, a meno che non si stia affrontando un detox profondo. Ne ho già parlato in questo post: Glutine: se lo conosci, non sempre lo eviti.
  2. Nelle nostre dispense, mense e ristoranti giungono prodotti che derivano da un grano scadente e raramente italiano, salvo eccezioni (sempre un po’ più frequenti, mi pare).
  3. Per meritarci tutti questi carboidrati, glutine compreso, tanto più se di qualità dubbia, dovremmo senz’altro essere più attivi e bruciare di più. In questo modo, anche eventuali zuccheri e tossine in eccesso verrebbero più facilmente espulsi. Tenetene conto, se vi tocca sgarrare spesso e a maggior ragione se siete donne.

Per un reset del corpo

Tutte le volte che volete sottoporre il vostro corpo a un reset, che volete dargli un piccolo shock positivo, magari perché accusate una serie di sintomi che non sapete da dove vengano, perché vi sentite gonfi (all’addome, vero?), stanchi e flatulenti, provate a togliere del tutto il glutine dalla vostra dieta. Nel post che ho già citato sopra sul glutine amico-nemico, do le mie istruzioni per abolirlo in modo progressivo, ma se volete proprio disintossicarvi conviene toglierlo da un giorno all’altro senza appello.

Già nel giro di 48/72 ore avvertirete una sensibile differenza. Dopo qualche settimana svilupperete un potenziale di benessere enorme: vi asciugherete, vi sentirete più leggeri ed energici, avrete scoperto che non di solo glutine vive l’uomo e questa apertura vi costringerà ad ampliare la gamma degli ingredienti da ammettere con gioia alla vostra tavola.

Conviene abolire il glutine, ma conservare la coscienza.

Vi accorgerete che, piuttosto che togliere, state imparando ad aggiungere. O quantomeno a contemplare qualcosa che prima non consideravate nemmeno – e che non è necessariamente ‘strano’; per esempio riso, mais, grano saraceno e miglio appartengono a pieno titolo alla nostra cultura alimentare, eppure toh, il glutine non ce l’hanno.

Vudù al glutine, ma c’è tanto altro

Mio consiglio: togliamo il glutine, per un periodo più o meno lungo (almeno 30 gg), ma stiamo piuttosto lontani dal business del ‘gluten free’ marchiato. Siamo noi che dobbiamo sapere se un alimento è senza glutine o no, e quanto più la scritta ‘senza glutine’ campeggia gigantesca sulla confezione, è solo un’altra faccia della stessa medaglia: stiamo sempre affidando ad altri una consapevolezza che spetta a noi, e stiamo dando più importanza al senza che al con.

Una dieta sana, secondo me, è la conseguenza del sapersi orientare.

Consulta qui tutti gli articoli e le ricette senza glutine contenuti nel blog.

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Immagine di copertina: L’avena, cereale misconosciuto ma compatibile con una dieta gluten free, da poco ammessa anche nel prontuario dell’Associazione Italiana Celiachia. Foto di © Chiara Amici.

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