Quanto costa un chilo di pomodori biologici? I conti della serva, ma senza caporali

Da diversi anni il tema del caporalato torna spesso all’attenzione dei media.

Questa forma illegale di reclutamento della manodopera prevede che alcuni mediatori, detti appunto caporali, assumano in modo irregolare e per brevi periodi lavoratori, spesso stranieri, senza alcun rispetto della normativa del lavoro, né in termini di sicurezze, né di diritti salariali.

Sul tema del caporalato dedica da sempre un’attenzione significativa e puntuale la testata “Internazionale”. Cito da un articolo di Alessandro Leogrande (del 2015, ma ancora drammaticamente attuale), Lo sfruttamento nei campi è la regola e non l’eccezione:

«Non solo il caporalato esiste, ma controlla ogni anno decine di migliaia di braccia in tutta Italia, come evidenziato dai rapporti Agromafie e caporalato dell’Osservatorio Placido Rizzotto. Ciò accade non solo nelle regioni meridionali, ma anche nella pianura Padana o nelle Langhe piemontesi. Come la “linea della palma” di cui parlò Leonardo Sciascia, anche la linea del caporalato è salita verso nord anno dopo anno».

Passata-sfrutta-zero
Passata ‘Sfrutta Zero’, un progetto FuoriMercato per una filiera pulita dei pomodori nel nostro Sud. Notare l’etichetta ‘narrante’, che dichiara tutte le voci di remunerazione del prezzo finale. Il valore sociale non è remunerabile.

In Cascina Biblioteca ci occupiamo di agricoltura biologica, dunque il tema ci interessa e ci tocca da vicino. Perché anche noi dobbiamo assumere persone disponibili a lavorare nei nostri campi, con mansioni faticose e intense; anche noi dobbiamo fare i conti con le piantine e le semenze da comprare e gli stipendi da pagare. Senza contare che, quando la produzione è biologica, vanno aggiunti i costi del rischio derivante dal mancato utilizzo di fertilizzanti e pesticidi, che tendono a garantire una maggiore resa e a ridurre le perdite di raccolto.

Lo scontrino trasparente degli ortaggi bio

Qual è il costo di produzione di un pomodoro biologico?

Abbiamo chiesto a Thomas Giglio (responsabile del progetto Agrifood per lo sviluppo delle attività agricole nelle nostre Cascine e degli inserimenti lavorativi della cooperativa) di prendere carta, penna e calcolatrice e di redigere uno scontrino trasparente, che illustri i diversi costi che concorrono, insieme, alla formazione del prezzo finale. Ecco il risultato.

Materiali e manodopera

Le due voci di costo principali sono i materiali di produzione e il lavoro. Per esempio, per ottenere 2000 kg di pomodoro cuore di bue, ecco i dettagli dei costi:

  1. Materiali: costi di acquisto di 730 piantine (vedi sotto per le stime di resa), teli bio per la pacciamatura, manichette, spago, dermazoto (concime ammesso nel biologico). Totale: 323 €.
  2. Manodopera: costi per il personale che si occupa della preparazione della serra, del trapianto, della legatura e sfemminellatura delle piantine, della scerbatura in serra,* della raccolta e preparazione dei pomodori nelle casse. Costo per la cooperativa: 13 € all’ora per 184 ore di lavoro, per un totale di 2392 €.

* Sfemminellatura (o scacchiatura): la potatura che si effettua togliendo i germogli ascellari, per non disperdere le energie nutritive e ottimizzare la produzione fruttifera. Scerbatura: estirpazione delle erbacce a mano.

Totale costi di materiali e manodopera: 323 + 2392 = 2715 €

Considerando che una pianta di cuore di bue coltivata con metodo biologico dà circa 5 kg di prodotto, sulla carta abbiamo una produzione di 3650 kg (5 kg x 730 piantine acquistate). Ma questo solo in linea puramente teorica.

Scarto di produzione

Dobbiamo infatti considerare anche un tot di scarto di produzione, ovvero:

  • una parte di prodotto danneggiato in pianta o non commerciabile a causa di marcescenze, attacchi di cimici, taglia troppo piccola ecc.
  • Una parte di prodotto danneggiato in negozio, perché non si riesce a vendere tutto e un tot deperisce.
  • Una parte di prodotto perduto per eventi avversi statisticamente probabili, come calamità e parassiti.

Per esempio quest’anno abbiamo avuto un attacco del fungo patogeno fusarium, che ci ha azzerato la produzione; per cui a inizio agosto abbiamo dovuto tirar su la serra e ripiantare nuovi pomodori.

Possiamo ragionevolmente scalare la produzione di un 15% per ogni fattore; per cui, dei 3650 kg potenziali, noi calcoliamo ne resti vendibile solo il 55%, ossia 2007 kg. Eccoci quindi al dato: quanto ci costa produrre un chilo di pomodori “cuore di bue” da mettere in vendita?

2715 € : 2007 kg = 1,35 €/kg.

A questo dobbiamo ancora aggiungere il costo di vendita, ovvero il costo del personale addetto alla vendita in negozio.

Come quantificarlo? In un pomeriggio si vendono circa 100 chili di prodotti (ortaggi vari, non solo pomodori); siccome in un pomeriggio ci sono 4 ore, che ci costano 13 € / ora, il costo di vendita per ogni pomeriggio è di 52 € che, diviso 100 kg, dà 52 centesimi al kg.

Dunque, fin qui: costo di produzione 1,35 € + costo di vendita 0,52 € = 1,87 € /kg.

Ammortamenti e spese generali

Mancano però ancora gli ammortamenti (delle serre, dei trattori, della cella, del locale vendita) che possiamo quantificare in un 8% dei costi totali; e le spese generali, che in genere vengono quantificate in un 12% del totale. Se aggiungiamo a 1,87 € / kg un altro 20% di spese, ossia 0,37 euro, arriviamo a 2,25 € al kg.

Ecco, per noi 2,25 € è il costo di produzione e vendita di un chilo di pomodori biologici.

Scontrino trasparente 1 kg pomodori biologici

Ovviamente, produttori molto grandi riescono ad abbassare leggermente il costo grazie a economie di scala, ma difficilmente un produttore bio che pratica agricoltura contadina, non industriale, ha dimensioni molto grosse. Inoltre, a questo costo va aggiunto il margine di impresa, perché se si vende al prezzo di costo difficilmente si resiste a lungo.

Nota di redazione: 2,25 € / kg non corrisponde ancora al prezzo finale al pubblico, che varia a seconda delle scelte imprenditoriali (margine di impresa) e di altre variabili (quantitativi d’ordine, promozioni per eventuali rimanenze ecc). In genere, in caso di vendita diretta, si aggira intorno ai 3,5/4 € al kg.

Chi vende sotto questo prezzo è perché segue due strade:

  • fa dumping, cioè non rispetta le leggi in materia di sicurezza, diritti del lavoratore e tutela dell’ambiente, per cui riduce notevolmente i costi di produzione e può garantire prezzi più bassi di quelli del mercato
  • risparmia su qualche voce; ma l’unica voce su cui può risparmiare è la manodopera, pertanto c’è sempre qualcuno che paga ciò che non paga il consumatore.

Chiaramente se scegliessimo di sostituire i 13 euro all’ora di costo del personale con 5 euro all’ora, potremmo permetterci un prezzo decisamente più basso.

Conoscere tutti i passaggi della filiera produttiva ci educa a comprendere tutto ciò che sta dietro al prezzo di vendita e ci fa rivedere l’impressione che alcuni prodotti siano troppo costosi.

Guardando lo “scontrino trasparente” risulta evidente come non sia possibile che i pomodori siano vendibili a 0,90 € al kg, nemmeno quando parliamo di agricoltura convenzionale. Racconta Thomas:

Fare il contadino sociale biologico costa davvero tanta fatica, ma dà anche grosse soddisfazioni. Una delle più belle è quella di guardare i propri ortaggi è pensare che sembrino gioielli; nulla a che vedere con la “bigiotteria” che si trova sugli scaffali dei supermercati (quei pomodori smunti, quelle zucchine tutte uguali e tristi). Sì, lo so, sento già le ironie di molti: il paragone con la gioielleria vale anche riguardo al prezzo! Battuta facile da fare, ma ancor più facile da confutare.

Comprando prodotti biologici direttamente dal produttore la differenza di prezzo rispetto al convenzionale non è poi molta, intorno al 20%, perché gli aggravi di costo tipici del bio (più lavoro necessario, minor produzione) sono compensati dai risparmi dovuti alla filiera corta (meno intermediari), al chilometro zero (meno costi di trasporto) e alla stagionalità (meno forzature).

La seconda è che dentro quel prezzo ci sono anche importanti risvolti ambientali e sociali. Continua Thomas:

In agricoltura biologica si sostituisce alla chimica il lavoro manuale; che significa, per esempio, che se per eliminare le erbe infestanti da un ettaro di campo convenzionale bastano 100 euro di diserbante e un paio d’ore di lavoro, nello stesso ettaro bio servono un paio di giornate di lavoro di due persone, due volte al mese, da aprile a ottobre. Lo stesso vale per la lotta contro gli insetti dannosi, perché non utilizzando i pesticidi di sintesi è necessario tempo per la raccolta manuale o per la preparazione di prodotti naturali (come i macerati).

Rilanciando un’agricoltura sostenibile e a misura d’uomo si fa anche ecologia sociale.

Tutto questo ha una ricaduta immediata in termini di salute per il consumatore e in generale per l’ambiente: meno veleni nel piatto, meno nella terra; ma ha anche una conseguenza non meno importante per la società: si rimette al centro il lavoro manuale (adatto a tutti, anche alle persone con fragilità) a scapito della meccanizzazione, che richiede grandi investimenti. In questo modo – rilanciando un’agricoltura sostenibile e a misura d’uomo – si fa anche ecologia sociale.

Naturalmente tutto ciò a patto che il lavoro non sia alienante (niente sorveglianti con la frusta in mano!) e soprattutto che sia retribuito in maniera corretta. Qui torniamo ai 13 euro di costo orario della manodopera, il che vuol dire che 4 minuti costano quasi 90 centesimi. Quattro minuti sono, in genere, il tempo necessario a raccogliere e preparare un chilo di pomodori, che bisogna selezionare (non troppo acerbi, non troppo maturi e senza danni da insetti), lavare e incassettare bene (la presentazione conta!), per poi portarli subito in cella frigorifera. Provate a fare lo stesso calcolo con verdure più leggere – come le lattughe – o più scomode da raccogliere, come i fagiolini.

Insegna Cascina Biblioteca Cooperativa
Lo Spaccio è aperto tutti i giorni, compresa la domenica.

Ma è possibile la creazione di una filiera biologica sostenibile economicamente e per l’ambiente? Sentiamo spesso parlare di consumo critico e consapevole, che si riassume nella frase «Ogni volta che compri, voti». Questa espressione sintetizza bene ciò che sta alla base delle diverse pratiche di consumo critico, che trovano nei Gas, i Gruppi di Acquisto Solidale, una delle espressioni più conosciute.

Nel corso degli ultimi anni accanto ai Gas, che sono cresciuti, sono nate esperienze di coproduzione per proteggere la biodiversità, si progettano i Des, ovvero i Distretti di Economia Solidale, che diventano l’hub delle realtà di consumo critico sul territorio. Ma non è necessario appartenere a un Gas, ciò che conta è acquistare dai produttori che lavorano in modo etico.

Per questo crediamo sia importante diffondere la consapevolezza che anche noi – ora nella veste di consumatori e non più di produttori – con i nostri acquisti, possiamo scegliere quale sistema alimentare vogliamo sostenere e quale, soprattutto, vogliamo contrastare.


Nota di redazione: Il valore dichiarato di 2,25 € è il costo di produzione e vendita di un kg di pomodori cuore di bue, ma non corrisponde ancora al prezzo finale al pubblico, che varia a seconda delle scelte imprenditoriali (margine di impresa) e di altre variabili (quantitativi d’ordine, promozioni per eventuali rimanenze ecc).

Cascina Biblioteca Cooperativa è presente sulla mappa di ConsideroValore.it.

Vai alla scheda »

Sullo stesso argomento, leggi anche:

Il prezzo giusto di un chilo di lavoro contadino

Vai al post »
stadera-bilancia-az-agr-la-barberina

Ok, il prezzo è giusto: il valore dell’artigianato alimentare

Vai al post »

Foto di copertina: © Ewa Fournier Le Ray / Unsplash.

Lascia un commento